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Storia

tombe etruscheLa Farnesiana è una località che dalle prime pendici dei monti della Tolfa si affaccia su Tarquinia e la maremma laziale.
L’amenità e la salubrità dei luoghi hanno fatto sì che il sito sia stato abitato fin dalle più remote antichità.

Rinvenimenti del neolitico sono noti a Ripa Maiale e pietre lavorate per ricavarne utensili si trovano non di rado nei campi coltivati. La presenza etrusca è testimoniata sia da tombe a camera e rupestri, ancora visibili presso l’antico Borgo, sia da antichi granai scavati nel tufo. La presenza romana è testimoniata altresì dalla presenza di numerose ville (insediamenti rurali), soprattutto di età imperiale. Nei pressi del borgo sono in corso di scavo i resti di un insediamento nel quale sono state rinvenute alcune tombe a cappuccina di età tardo imperiale. Della stessa epoca sono alcune strutture murarie, recentemente messe in luce da lavori di restauro, che sembrano confortare la tesi della presenza nel Borgo della tomba della martire Santa Severella, della fine del III° secolo.

La storia moderna del sito ha inizio con la valorizzazione delle miniere di allume, minerale importante fino alla fine del XIX secolo, sia per la tintura delle stoffe sia per la concia delle pelli. L’allume veniva estratto dalle miniere dell’isola di Chio ed esportato in tutta Europa. La caduta dell’Impero d’oriente, con la presa di Costantinopoli, nel 1453 rese improvvisamente importanti i giacimenti della Tolfa scoperti da Giovanni da Castro. Il papato vide un lucroso affare nello sfruttamento delle miniere che venne organizzato soprattutto da uno dei primi appaltatori Agostino Chigi, detto il Magnifico, un ricco banchiere Senese.

L’importanza crebbe sotto il papato di Paolo III° Farnese, intorno al 1530. Poiché i discendenti della famiglia instaurarono una vera e propria signoria nella regione situata tra Civitavecchia ed Orta, che si promulgò fino all’estinzione della dinastia nel 1750 circa. In quell’epoca il crescente sviluppo delle miniere fece nascere l’esigenza del sostentamento dei minatori che lontani da ogni centro abitato, spesso galeotti, avevano difficoltà negli approvvigionamenti. A tale scopo papa Paolo III° ed il nipote, grande realizzatore dei progetti del Papa, il cardinale Alessandro pensarono di creare un mulino ed un forno che insieme ad una azienda agricola orientata alla produzione di grano e bestiame da carne, potessero provvedere al sostentamento delle Comunità dei minatori. In questo modo nasce la Farnesiana, tenuta di circa 10.000 ha, che fino alla fine del dominio Farnese, seguì il destino delle miniere, essendo data in appalto insieme alle stesse.
Onde gestire l’attività dell’azienda, il cardinale Alessandro, chiamò una comunità di gesuiti, cosa inusuale per l’ordine, che però fu concessa dal generale dell’epoca, in conseguenza dei grandi obblighi dell’ordine nei confronti della famiglia Farnese che aveva edificato la chiesa del Gesù. Il capo della comunità religiosa divenne cappellano dei monasteri e questa carica rimase fino a che la comunità fu presente alla farnesiana. Nelle adiacenze del Borgo fu creato un piccolo cimitero per i minatori in luogo attualmente sconosciuto.

Nel 1750 il marchese Lepri, allora appaltatore delle miniere, edificò un grande granaio, ancora oggi esistente. Le spese per la sua costruzione sono tutte documentate presso l’Archivio di Stato. La proprietà delle miniere, nel XVIII secolo, passò alla Camera Apostolica, che le ebbe in proprietà fino ai primi del 1800 quando, a causa dello scarso rendimento, furono cedute al Sacro Monte di Pietà di Roma. Sotto l’amministrazione di questo Istituto Bancario, l’azienda conobbe il suo periodo migliore. Furono fatti importanti lavori di ampliamento al borgo, notevoli migliorie alla rete stradale con la costruzione tra l’altro, di un bellissimo ponte in pietra da taglio sul Rio Melledra, che porta ancora, oltre allo stemma del Monte di Pietà, la data di costruzione “1836.
Nel 1850 l’amministrazione dell’azienda ravvisò l’opportunità di sostituire l’antico Oratorio di San Carlo, esistente nel borgo, con una chiesa più grande e comoda, che potesse accogliere la numerosa comunità aziendale che la domenica confluiva, per la Santa Messa, da tutta l’immensa estensione della tenuta. Fu quindi edificata nel 1850 la nuova chiesa su progetto dell’architetto Palazzi, di Roma, in un originale interpretazione dello stile neogotico, che fu intitolata a Maria Santissima alla mola della Farnesiana.

Chiesa dell'ImmacolataDopo la fine dello Stato Pontificio, nel 1865 circa, la proprietà venne venduta all’asta come tutti i beni ecclesiastici, e fu acquistata dal Marchese Gugliemi di Vulci, nobile di Civitavecchia. Il marchese arricchì la nuova chiesa di due porticati laterali, che dovevano servire anche a migliorarne la statica dato che si erano verificati movimenti di assestamento. Anche i porticati dettero comunque problemi, tanto che molte arcate furono murate nel tentativo di migliorarne la stabilità. Dopo la proclamazione, da parte del concilio Vaticano I°, del dogma dell’immacolata Concezione, il marchese Guglielmi volle che la chiesa fosse intitolata alla Immacolata Concezione, titolo che ancora rimane alla chiesa anche se abbandonata da circa 40 anni. La proprietà dell’azienda passò poi per via ereditaria dalla casa Guglielmi alla casa Sacchetti di Roma.

Negli anni ’50 la Tenuta subì la sorte di molte altre grandi proprietà e venne espropriata dalla riforma agraria. Le terre rimaste alla casa Sacchetti, furono negli anni 60 in gran parte alienate. L’attuale tenuta, rimasta intorno al borgo, di circa 400 ha fu venduta a due famiglie di proprietari terrieri, Stendardi e Scorsolini, da cui è passata nel 2002, alla famiglia Spellucci. L’attuale proprietà sta adoperandosi per far uscire la Tenuta da un’incuria secolare, e si sta dedicando al restauro di tutte le antiche strutture con l’intento di creare un’azienda agrituristica che dia la possibilità, agli amanti della natura di godere di un posto dal fascino incomparabile, sia ambientale che storico.